Sabato, 20 aprile 2024 - ORE:03:42

Il lato agghiacciante del capitale umano

il capitale umano

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La settimana scorsa Lucca, ridente cittadina di provincia, circondata da mura e con un centro storico molto caratteristico, è stata protagonista di una festa in Villa (ecco qui il link dell’evento) che, non so per quale motivo, ne’ per quali voci o passaparola, è diventata l’oggetto dell’attenzione generale.
Vorrei tralasciare la “location”, e usare come riferimento una anonima città di provincia, proprio come Lucca alla fine, con tot persone che ci vivono, ed esaminare la cosa in maniera oggettiva, senza troppi riferimenti alla realtà sociale della mia città perché sono convinta che, alla fine, una situazione simile si possa creare in qualunque centro abbastanza piccolo, con un numero limitato di persone. Dimentico volutamente il luogo comune abusatissimo e noioso che a “Lucca ci conosciamo tutti” perché non è assolutamente vero.
Torniamo all’evento!
La festa in questione è stata organizzata da persone che si interessano di pubbliche relazioni, programmano serate, trovano dj per questi eventi. In sostanza amano il mondo della vita notturna e dello sballo.

Le persone che hanno deciso di andarci ovviamente condividono questo stile.
La festa ha avuto uno sponsor, un negozio di Lucca, non una bancarella dei cinesi ma un posto dove i vestiti costano quasi tutti sopra i 70 euro e sotto tale cifra ci sono solo le magliette, che in ogni caso costano intorno ai 35 euro, prezzo davvero eccessivo per un pezzo di cotone con stampato qualcosa sopra.
Non voglio sindacare sul gusto di tali vestiti, ognuno ha diritto a vestirsi come vuole e non sta certo a me dire che quella roba fa schifo o che la brucerei. Diciamo che preferisco altre cose, un po’ più sottotono, per questo i negozi del genere li evito.
Comunque non ho parlato dello stile a sproposito, da questa parola: STILE, parte tutto.
La cosa non dipende dall’atteggiamento che le persone hanno nei confronti degli altri, dalle simpatie, antipatie, da quanto una persona possa essere di facili costumi, da quanto sia brutta, bassa, grassa, magra, alta…NO. La questione è lo stile: la pubblicità dell’evento diceva testualmente: “E’ gradito lo stile”… Ok, quale?

uccellini

Forse c’è’ unilateralmente un unico stile, considerato giusto e accettabile? Uno stile che ti fa emergere dalla massa indistinta di individui che non sono cool e che ti porta ai “massimi livelli”? Vanno bene solo certi vestiti? Va bene solo certa musica? vanno bene solo certe bevande, certi posti, certi negozi? Be’ per me ovviamente la risposta e’ scontata: NO. Eppure, mi sto accorgendo sempre di più, anche ora che vivo all’estero, che la cosa non è immediata e semplice come può sembrare a me. Per essere accettati dal mondo che ci circonda, dalle persone che ci interessano e così via, bisogna piegarsi a certi luoghi comuni e adeguarsi. Non sto criticando, non ho le basi, personalmente non posso giudicare tali eventi perché ci sono stata poche volte, non mi appassiona la musica che ci mettono, e non riuscirei mai, nemmeno volendo, a perdere delle ore per truccarmi e vestirmi per apparire decente; indosso più o meno sempre la solita roba e l’80% del mio guardaroba è costituito da maglioni neri e neri e grigi.
Però posso dire che probabilmente queste feste, aldilà che siano fatte per apparire, sono fatte anche per escludere: la festa è privata, per entrarci hai bisogno dell’invito, è gradito lo stile. Per rincarare la dose, la realtà provinciale è solo il modellino di quanto avviene a livelli più alti, un atteggiamento che parte essenzialmente dalla politica, dalla televisione e anche dalla voglia di competizione e di essere sempre migliori di qualcun altro, di paragonarsi a qualcun altro che, bene o male, viene inculcata nella mente dei ragazzini, degli adolescenti e dei giovani adulti.
Probabilmente non ci sono soluzioni. Dire di moderare i costumi, di pensare all’individualità personale sono solo altri luoghi comuni. Tutto alla fine lo è, sono un luogo comune tali situazioni e dibattiti che suscitano, anche questo articolo è un luogo comune.
Il mondo va a rotoli: grazie, anche questo concetto è già passato al tritacarne.
Probabilmente sarebbe interessante davvero lasciarlo andare a rotoli questo mondo, senza cercare di porre freno a tutte le schifezze e stupidaggini che avvengono, lasciarle correre, dispiegare in tutta la loro pienezza e poi vedere cosa e’ rimasto, alla fine.

La frase introduttiva è stata presa da un film che ho visto ultimamente e che mi è piaciuto un sacco: Il capitale umano. Il capitale umano è un importo, viene calcolato valutando parametri specifici: l’aspettativa di vita di una persona, la sua potenzialità di guadagno, la quantità e la qualità dei suoi affetti.
Il capitale umano e’ un concetto osceno, selettivo, eppure più che mai attuale, tutti noi, nella scelta delle nostre amicizie, delle nostre conoscenze e forse anche dei nostri affetti facciamo riferimento al capitale umano, non ci misuriamo più a livello istintivo, facendo perno su quei pochi resti di primordialità che ci legano alla natura, calcoliamo tutto, misuriamo la nostra validità sociale.


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